BETTY BOUTHOUL – “Il Vecchio della Montagna” – Ed. Adelphi
Viaggio nella mente spietata e visionaria di Hasan-i Sabbah, Il Vecchio della Montagna narra la leggenda nera del fondatore e primo gran maestro dell’Ordine degli Assassini (alla lettera «consumatori di hashish» secondo una controversa ma fortunata etimologia). Sullo sfondo delle dispute politiche e religiose tra Persia e Siria dell’XI secolo, un giovane indecifrabile, mosso da un’ambizione sfrenata e da una fede cieca nell’alto destino che lo attende, conquista l’inaccessibile fortezza di Alamut, fonda la setta dei Nizariti e la volge in uno strumento di morte al servizio dei propri scopi misteriosi. Sotto i pugnali dei suoi sicari – antesignani della figura oggi tristemente nota dell’assassino-suicida – cadranno visir e sultani da un capo all’altro dell’Impero selgiuchide, nonché il re crociato di Gerusalemme. Ma qual era il segreto del Vecchio della Montagna? Come giunse a disporre delle innumerevoli vite di uomini a lui devoti fino alla morte? Con il fascino di una predicazione che assicurava agli accoliti i piaceri eterni del paradiso? Con l’uso sapiente dell’hashish, grazie al quale si diceva che inducesse nei suoi Assassini l’euforia necessaria per compiere gli omicidi da lui ordinati? Con il carisma che emanava dalla sua personalità ascetica e dall’efferatezza dei suoi piani? Con la ferrea gerarchia iniziatica della società segreta cui diede vita, imitata in seguito da molte altre, a cominciare dai Templari? Forse, come intuì Nietzsche, la cifra del suo potere consisteva nella promessa di una illimitata libertà dello spirito, una promessa racchiusa nelle ultime parole di Hasan morente: «Nulla è vero, tutto è permesso».